


Sapore fruttato, gradevole, poco aromatico, equilibrio tra piccante, amaro e astringente, retrogusto di mandorla; odore di oliva fresca, profumo fruttato che ricorda la mela, aroma erbaceo fresco.

L’olio di oliva extravergine a denominazione di origine protetta “Lametia” all’atto dell’immissione al consumo, deve rispondere alle seguenti caratteristiche:
- colore: da verde a giallo paglierino;
- odore: di fruttato;
- sapore: delicato di fruttato;
- punteggio minimo al panel test: > o = 6,5;
- acidità massima totale espressa in acido oleico, in peso, non eccedente grammi 0,5 per 100 grammi di olio;
- numero perossidi: < = 14,00 meq02/Kg;
- K232: < = 2,00;
- K270: < = 0,20;
- polifenoli totali: > o = 170 mg/Kg
Altri parametri chimico fisici non espressamente citati devono essere conformi alla attuale normativa U.E.

Coltivazione.
Le condizioni ambientali e di coltura degli oliveti destinati alla produzione dell’olio di oliva extravergine “Lametia” DOP devono essere quelle tradizionali e caratteristiche della zona e, comunque, atte a conferire alle olive ed all’olio derivato le specifiche caratteristiche.
Pertanto, sono da considerarsi idonei gli oliveti i cui terreni, di origine alluvionale, siano costituiti quasi esclusivamente da depositi continentali recenti ed attuali, porosi con permeabilità nell’insieme elevata, con spessore profondo, o molto profondo, sabbiosi o di medio impasto.
Per i nuovi impianti sono da ritenere idonei unicamente gli oliveti i cui terreni sono permeabili, profondi, sciolti o di medio impasto provvisti di buone sistemazioni, atte a garantire lo sgrondo delle acque superficiali e profonde.
I sesti d’impianto, le forme di allevamento e i sistemi di potatura, devono essere quelli generalmente usati o, comunque, atti a non modificare le caratteristiche delle olive e dell’olio. In particolare, oltre alle forme tradizionali di allevamento, per i nuovi impianti sono consentite altre forme di allevamento con una densità di impianto fino a 400 piante per ettaro.
La produzione massima di olive non può superare i quintali 130 / ettaro negli oliveti specializzati.
Per la coltura consociata o promiscua gli organi tecnici della regione Calabria accertano la produzione massima di olive/ha in rapporto alla effettiva superficie olivetata.
Anche in annate eccezionalmente favorevoli la resa dovrà essere riportata attraverso accurata cernita purchè la produzione globale non superi di oltre il 20% il limite massimo sopra indicato.
La raccolta delle olive viene effettuata a partire dall’inizio dell’ invaiatura e non si protrae oltre il 15 gennaio di ogni campagna oleicola.
La raccolta delle olive deve essere presentata secondo le procedure previste dal decreto ministeriale 4 novembre 1993, n. 573, in unica soluzione.
Oleificazione.
Le operazioni di estrazione e di confezionamento dell’olio di oliva extravergine “Lametia” DOP devono essere effettuate nell’ambito dell’area territoriale delimitata dal disciplinare di produzione.
La raccolta delle olive destinate alla produzione dell’olio extravergine di oliva a denominazione di origine protetta “Lametia” può avvenire con mezzi meccanici o per brucatura.
La resa massima di olive in olio non può superare il 20%.
Per l’estrazione dell’olio sono ammessi soltanto processi meccanici e fisici atti a produrre oli che presentino il più fedelmente possibile le caratteristiche peculiari originarie del frutto.
Le olive devono essere sottoposte a lavaggio a temperatura ambiente; ogni altro trattamento è vietato.
Le olive devono essere molite entro i due giorni successivi alla raccolta.

La pianta dell’ulivo, originaria del Caucaso, è conosciuta e coltivata dall’uomo da almeno cinque millenni.
Diffusasi nell’area mediterranea venne presto utilizzata per produrre olio, un bene fondamentale per i popoli dell’antichità.
Nel famoso codice di Hammurabi (1792-1750 a.c.), sovrano dei Babilonesi, se ne regolamenta il commercio e si fissano le regole tra il mercante ed il suo agente: ”... Se un mercante ha affidato ad un agente orzo, lana, olio o altro genere, perché li venda al dettaglio, l’agente registrerà l’argento ricavato dalla vendita e lo restituirà al mercante.....”.
Anche gli Egizi e i Fenici conoscevano il prezioso condimento, mentre per il popolo greco la pianta dell’ulivo era considerata addirittura sacra.
E furono proprio i Fenici e gli Ellenici a diffondere la coltura dell’ulivo e il commercio dell’olio sul suolo italico, a partire dal IV° secolo A.C.
Nella zona fra Lamezia Terme e Nocera Terinese sorgeva la città di Terina, avamposto crotoniate della Magna Grecia, affacciata sul golfo di Sant’Eufemia a metà strada fra la costa tirrenica e l’Appennino calabro. Furono quindi con ogni probabilità i Greci a diffondere la coltura dell’olivo e con essi entra non solo nella quotidianità della vita, ma entra propotentemente nella letteratura e nella poesia (su tutti Omero, che cita più volte l’olivo nelle sue opere) per la sacralità che rappresentava.
I ritrovamenti nei siti archeologici dimostrano quanto la centralità dell’olio nella vita degli antichi era rappresentata, oltre che dall’aspetto religioso, anche dal valore nutritivo, dalle proprietà mediche e cosmetiche che esso costituiva.
Quando cadde sotto il dominio dell’Impero Romano fu grazie ai nuovi padroni che si incentivarono le coltivazioni, si costruirono le prime macchine per la spremitura delle olive e si perfezionarono le tecniche di conservazione dell’olio.
Divenne un inequivocabile segno di ricchezza, tanto che sulle monete coniate in quell’epoca apparivano spesso ramoscelli di ulivo e l’olio divenne preziosa merce per gli scambi commerciali.
Con la caduta dell’Impero e le invasioni barbariche vennero devastate intere piantagioni e l’olio divenne raro e prezioso, tanto che era presente solo nelle mense di pochi privilegiati mentre le eccedenze erano riservate ad usi religiosi.
Nel Medioevo incomincia una lenta ma inesorabile ripresa, grazie ai monaci Benedettini che ebbero anche il merito di spostarne le coltivazioni nelle zone collinari, sottraendosi ai fenomeni malarici dovuti all’impaludamento della costa.
Le Repubbliche Marinare fecero il resto, favorendo il commercio dell’olio e trasformando l’autoconsumo in una fonte di reddito per le popolazioni lametine.
Da allora ad oggi la produzione si è costantemente incentivata, contribuendo a fare della Calabria il secondo maggior produttore nazionale di olio.
Le tecniche di coltivazione e di raccolta delle olive e di estrazione dell’ olio, messe a punto dai Greci e perfezionate dai Romani sono praticamente rimaste invariate fino ad oggi.
Le grandi caratteristuche qualitative raggiunte dell’olio "Lametia" si devono anche e sopratutto all’utilizzo quasi esclusivo della varietà "Carolea", adattatasi nei secoli al territorio e al clima del basso Tirreno, oltre all’impegno dei singoli produttori che hanno trasformato questa pratica in vera e propria arte.
Dall’ottobre del 1999 si può fregiare della certificazione DOP.







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