


Sapore dolce, aromatico e deliquescente.
Epicarpo ;

La clementina è un incrocio tra il mandarino e l’arancia.
L’albero della clementina è assai simile a quello del mandarino, da cui differisce leggermente per le foglie che sono più grandi e più larghe e non hanno il caratteristico aroma del mandarino.
Fiorisce e fruttifica lentamente e irregolarmente, in quanto molto suscettibile agli sbalzi di temperatura.
Il frutto assomiglia al mandarino: le differenze principali sono da ricercarsi nel colore della polpa, decisamente più aranciato. Inoltre non è mai appiattito come i mandarini, ma sempre ben rotondo.
Sono pressoché apirene, ovvero senza semi (o ne hanno pochi); ricche di vitamine, risultano facili da sbucciare, essendo l’epicarpo liscio e molto sottile.
Per l’elevato contenuto di vitamina C, bastano un paio di frutti al giorno per coprire il fabbisogno giornaliero di una persona adulta.
Le clementine sono anche ricche di minerali tra cui il potassio, indispensabile per regolare il tenore di acqua nei tessuti assicurando così un buon funzionamento del cuore.
Forma sferoidale leggermente schiacciata ai poli; epicarpo arancio scuro, liscio, con numerose ghiandole oleifere; polpa arancione uniforme.
Calibro: diametro minimo 16-18 mm.

I terreni idonei per la coltivazione della "Clementine di Calabria" sono di medio impasto con un contenuto di limo ed argilla inferiore al 60% e con un contenuto in calcare non superiore al 15 %.
L’utilizzo dell’irrigazione, delle pratiche di concimazione e l’effettuazione delle altre pratiche colturali ed agronomiche debbono essere effettuati secondo le modalità tecniche indicate dai competenti Servizi della Regione Calabria.
I sesti di impianto utilizzabili sono quelli generalmente usati, con possibilità per i nuovi impianti, di densità per ettaro fino ad un massimo 1.200 piante, per i sesti dinamici ad alta densità.
Le forme di allevamento ammesse, in volume, sono riconducibili alla "chioma piena", con disposizione delle piante a rettangolo.
Le piantagioni di clementine debbono essere opportunamente distanziate da quelle di mandarino onde evitare l’impollinazione incrociata e quindi la produzione di frutti con semi.
La potatura deve essere effettuata con interventi particolarmente mirati; non devono essere cimati i rami assurgenti, sopprimendo solo i rami in soprannumero.
La difesa fitosanitaria di prevalente utilizzo deve far ricorso ove possibile alle tecniche di lotta integrata o biologica.
La produzione unitaria massima è di 350 q.li ad ettaro per tutte le cultivar, selezioni clonali e mutazioni gemmarie ammesse.
Il periodo di raccolta va da ottobre a febbraio, a seconda delle varietà.
Nell’ambito di questo limite la Regione Calabria, tenuto conto dell’andamento stagionale e delle condizioni ambientali di coltivazione, fissa annualmente, entro il 15 luglio, in via indicativa la produzione media unitaria per ciascuna cultivar prevista dal disciplinare.
L’eventuale conservazione dei frutti designabili con l’indicazione geografica protetta "Clementine di Calabria" deve utilizzare la tecnica della refrigerazione. I valori di temperatura all’interno delle celle frigorifere debbono essere compresi tra 4 e 6 °C.

Non esistono documenti storici particolarmente significativi sull’origine di questo frutto. La varietà più antica dovrebbe essere la Satsuma, coltivata da oltre quattro secoli in Giappone.
La clementina coltivata in Italia proverrebbe dal nord Africa, più precisamente dall’Algeria.
Mentre sul nome (dal francese clémentine) non ci sarebbero dubbi, molte incertezze riguardano il “ Clément “ da cui proviene e che, con ogni probabilità, è anche lo scopritore.
Il primo sarebbe un certo Pierre Clément sacerdote, vissuto a cavallo tra il XIX° e il XX° secolo, che ottenne l’ibrido nel 1900/1902. Altre fonti attribuiscono questa ibridazione ad un frate o padre missionario Clément Rodier (1839–1904), che ottenne casualmente l’incrocio mentre si trovava nel convento di Missergin, ad Orano, appunto in Algeria nord-occidentale.
Si ipotizza anche che provenga direttamente dalle specie orientali molto più antiche (come la menzionata Satsuma) e che uno dei due religiosi li abbia semplicemente introdotti e diffusi nell’area mediterranea, magari perfezionando gli incroci con varietà autoctone di arance e mandarini.
Dopo queste prime ibridazioni, fu presto evidente che si trattava di un nuovo Citrus (Citrus reticulata Blanco), dato che rimanevano invariate le caratteristiche e che la sua riproduzione non dava alcun problema. Dopo decenni di coltivazione sperimentale i frutti conservavano le qualità dei primi ibridi, ed erano sempre più richiesti dal consumatore.
Coltivate in Italia sin dagli anni ’30, a partire dal 1950 la sua coltivazione si diffuse in Calabria dove trovò il suo habitat naturale: il clima mite e regolare riesce ad esaltare le caratteristiche qualitative estrinseche ed intrinseche del frutto, che solo in Calabria giunge a maturazione molto precocemente, ai primi di ottobre.
Il marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta) nasce nel 1992, con delibera della Comunità Europea.







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