


Tessitura compatta e croccante; sapori ed aromi finissimi e persistenti.

La varietà Tonda Gentile delle Langhe è caratterizzata da un guscio molto duro e completamente pieno che consente buone rese alla sgusciatura (40% - 50%).
La nocula è sub-sferoidale o parzialmente sub-sferoidale, trilobata; dimensioni non molto uniformi, con calibri prevalenti da 17 a 21 mm; guscio di medio spessore; seme di forma variabile (sub-sferoidale, tetraedrica e, talvolta, ovoidale) ricoperto da fibre, con superficie corrugata e solcature più o meno evidenti; perisperma di medio spessore, ma di eccellente distaccabilità alla tostatura; resa alla sgusciatura variabile, ma comunque compresa tra il 40% ed il 50%.
Guscio nocciola mediamente intenso, di scarsa lucentezza, con tormentosità diffuse all’apice e striature numerose, ma poco evidenti;seme più scuro del guscio.
La Nocciola Piemonte I.G.P., è particolarmente apprezzata dall’industria dolciaria per i suoi parametri qualitativi quali forma sferoidale del seme, gusto ed aroma eccellenti dopo tostatura, elevata pelabilità, buona conservabilità. Per questi motivi la Nocciola Piemonte è universalmente conosciuta come la migliore al mondo.
La nocciola, oltre ad un contenuto significativo di aminoacidi essenziali e di vitamina E, risulta particolarmente ricca in lipidi. In particolare, la frazione lipidica è costituita per oltre il 40% da acidi grassi monoinsaturi (come l’acido oleico) e presenta il più alto rapporto monoinsaturi/polinsaturi rispetto all’altra frutta secca.
Recenti studi sembrano dimostrare gli effetti positivi di un consumo regolare di nocciole sulla salute umana. E’ infatti confermato che una dieta ricca in acido oleico (lo stesso acido grasso presente nell’olio extra vergine d’oliva) consente di mantenere il cosiddetto "Colesterolo cattivo" a bassi livelli nel sangue, e di innalzare i livelli del "Colesterolo buono" che, con la sua azione protettiva sulle membrane cellulari, costituisce un’importante difesa delle patologie vascolari.

Le condizioni ambientali di coltura dei noccioleti destinati alla produzione di «Nocciola del Piemonte» o «Nocciola Piemonte» devono essere quelli tradizionali della zona e comunque atte a conferire al prodotto che ne deriva le specifiche caratteristiche di qualità.
I sesti di impianto e le forme di allevamento devono essere quelli in uso generalizzato e riconducibili alla coltivazione a cespuglio ed, eccezionalmente, «monocaule», con una densità variabile tra le 200 e le 420 piante ad ettaro.
Per gli impianti realizzati prima dell’entrata in vigore del decreto di riconoscimento 2 dicembre 1993 è consentita una densità massima di 500 piante ad ettaro.
Le cure colturali ed i sistemi di potatura e di raccolta devono essere quelli generalmente usati e, in special modo per i nuovi impianti, devono essere atti a non modificare le caratteristiche dei frutti.
Il periodo di raccolta è tardo estivo-autunnale, comunque a completa maturazione dei frutti, quando si staccano spontaneamente dalle brattee e cadono al suolo.
Considerata la forte tendenza dei frutti ad assorbire l’umidità dal terreno, occorre che la raccolta sia tempestiva ed eseguita a più riprese per impedirne il deterioramento e garantirne la qualità.
La produzione unitaria massima consentita di «Nocciola del Piemonte» o «Nocciola Piemonte» è fissata in 3.500 kg/ha di coltura specializzata.
La eventuale conservazione della «Nocciola del Piemonte» o «Nocciola Piemonte», al fine di dilazionare la commercializzazione, deve essere effettuata secondo i metodi tradizionali

La nocciola è uno dei frutti selvatici apprezzati dall’uomo sin dall’antichità.
Apprezzata dai Greci, la cui coltivazione fu poi consigliata da Catone (234 a.c.-149 a.c.) negli orticelli cittadini dell’antica Roma.
Plinio (23 d.c.-79 d.c.), nella “Naturalis Historia” attribuiva loro la causa di emicranie e flatulenze oltre che ad un potere nutritivo tendente all’ingrassamento del corpo. Tostati, invece, costituivano il rimedio per il mal di gola.
Nei poeti classici è facile riscontrarne la citazione: "...i pastori vi sostavano sotto le frasche e le ninfe innalzavano canti d’amore seduti sotto la sua ombra".
Il merito di aver sperimentato l’impianto dei noccioleti nell’odierna zona di produzione, va all’On. prof. Emanuele Férraris, garessino di nascita ma langarolo d’elezione, che ebbe il merito di introdurre e di diffondere la coltura nel comprensorio dell’Alta Langa negli anni trenta, dimostrando la maggior produttività e la miglior resistenza della pianta alle affezioni parassitarie rispetto alla vite.
Prima d’allora, infatti, quasi tutti i contadini puntavano sul vigneto, in coltura specializzata o mista ed anche dopo il grande flagello fillosserico e peronosporico del 1879 - 81, che tutto devastò, non ebbero altro pensiero che la ricostituzione.
Oggi la vite, poco adatta a questa zona, è praticamente abbandonata.
Nel Novecento, si è registrata una forte espansione colturale proprio in relazione all’aumentata richiesta da parte dell’industria dolciaria.
Così le Langhe, la provincia di Cuneo e, di conseguenza, quelle vicine di Asti ed Alessandria sono diventate terreno fertile per la coltura del nocciolo, anche se su questo grande territorio collinare tale attività agricola si è affidata in pratica ad una sola varietà, quella "Tonda Gentile delle Langhe" che si è selezionata grazie ad un lento processo naturale guidato dell’uomo.
La storia della coltivazione va di pari passo con l’evoluzione dell’industria dolciaria e con la scoperta del gianduja (miscela tra cacao e nocciole). La sua creazione si attribuisce ai pasticceri torinesi che, a causa del blocco economico ordinato da Napoleone per i prodotti dell’industria britannica e delle sue colonie, cominciarono a miscelare il cacao con la più economica Nocciola Tonda Gentile delle Langhe.
Il chocolatier Michele Prochet, in società con Pier Paul Caffarel, perfezionò nel 1852 l’impasto tostando le nocciole e macinandole finemente. Secondo la leggenda, da un "colpo di cucchiaio" dato sapientemente a questo impasto soffice nasce il Gianduiotto (o Giandujot) con la sua tipica forma, che verrà presentato come primo cioccolatino incartato in occasione del Carnevale del 1865, distribuito dalla maschera popolare di Torino, Gianduja (da cui il cioccolatino prese definitivamente il nome).
Nel dicembre 1993 a seguito del riconoscimento dell’indicazione Geografica Protetta è stato costituito il Consorzio di tutela Nocciola Piemonte con lo scopo di promuovere e tutelare il prodotto, che ha ottenuto la certificazione europea definitiva nel marzo 2004.







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