


Oliva in salamoia: lievemente acido, leggero retrogusto amarognolo; fragranza e croccantezza in bocca.
Oliva ripiena: croccante per la presenza della varietà oliva ascolana tenera, di sapore delicato con retrogusto amaro da intenso a mediamente intenso

Piuttosto adattabile dal punto di vista pedologico, tollera i terreni ricchi di scheletro cosi come quelli a natura calcarea; produce meglio in terreni di medio impasto fertili, sufficientemente sciolti, e con pendenze non troppo elevate, (ma mal si adatta ai terreni umidi ed argillosi a causa dei marciumi radicali).
Il territorio su cui insiste la produzione della denominazione d’origine protetta ha le seguenti caratteristiche pedo-climatiche: terreni di natura variabile dal calcareo-argilloso all’arenacco, con pH mediamente sub-alcalini; altitudine delle aree di produzione variabile dai 20 ai 500 metri slm.
E’ coltura tipicamente mediterranea e vive bene in ambienti caratterizzati da inverni miti e sufficientemente piovosi, cui segue l’estate piuttosto asciutta e senza particolari deficit idrici.
Manifesta una considerevole resistenza agli inverni rigidi, anche se sono stati rilevati danni alla coltura a causa di una rapida discesa sotto lo zero delle temperature o per l’abbassamento, delle stesse in alcune ore di oltre –6°C.
Le buone condizioni fotosintetiche per la cultivar si realizzano con temperature intorno ai 25-26°C.
Le esigenze termiche della pianta sono: circa 10-12 °C alla mignolatura e circa 20°C all’allegagione.
L’Olivo Ascolano si presenta come un albero rigoglioso a chioma folta, portamento per lo più assurgente e con altezze medie di circa 7-8 metri.
I rami hanno un legno piuttosto chiaro e tenero, quelli a frutto con portamento pendulo, hanno internodi medio-brevi.
Il tronco, piuttosto chiaro e liscio, é ricoperto da un ritidoma a squame ampie.
Le foglie sono abbastanza grandi (cm 6x1,5) e delicate, di colore verde scuro alla pagina superiore, grigio a riflessi argentei in quella inferiore.
La fioritura avviene più precocemente, rispetto alle varietà da olio o da tavola presenti nella zona.
La ripresa vegetativa avviene ai primi di marzo e l’infiorescenza, costituita da un grappolo allungato, è composta da circa 20 fiori spargoli.
Le due varietà hanno il seguente aspetto:
Oliva in salamoia: leggermente allungata (ellittica) irregolare , polpa piena, fine, compatta, non raggrinzita,non granulosa,rapporto polpa nocciolo in peso non inferiore a 4; polpa di facile distacco dal nocciolo; colore dal verde al giallo paglierino.
Oliva ripiena: leggermente allungata (ellittica) irregolare; alla rottura la panatura rimane aderente all’oliva, con impasto che si presenta compatto; 1 kg di olive ripiene deve contenere da un minimo di 65 ad un massimo di 95 unità; colore con presenza di aree verdi percettibili.

Come si coltivano.
Gli impianti hanno sesti posizionati in modo tale da favorire una buona areazione ed illuminazione per permettere l’allegagione; la densità di impianto non deve superare le 300 piante/ha (sesto di impianto 6x6).
Negli impianti deve essere presente almeno il 60% di Ascolana Tenera ed un max 40% di piante impollinatici, le più diffuse delle quali sono: "S.Caterina", "Itrana", "Rosciola", "Morchiaio" e "Giarraffa".
Le forme di allevamento da utilizzare sono quelle libere (vaso, globo, monocono, ecc).
L’irrigazione è consentita, ma va interrotta almeno 20 giorni prima della raccolta; la raccolta va effettuata tra il 10 settembre ed il 20 ottobre.
La produzione unitaria massima di olive per impianti specializzati è di 7 ton/ha, per piante in coltura promiscua è pari a 50 kg/pianta.
Come si trasformano:
- Deamarizzazione delle olive con immersione in soluzione di idrato sodico (NaOH) la cui concentrazione può variare dall’1,5 al 3%; la durata del processo è compresa tra un minimo di 8 ed un massimo di 12 ore.
- Lavaggi per la riduzione dell’alente residuo.
- Fermentazione e conservazione in salamoia, alla concentrazione compresa tra l’8 e il 10% di Cloruro di Sodio (NaCl).
E’ ammessa la deamarizzazione delle olive definita “al Naturale” ponendole direttamente in salamoia alla concentrazione compresa tra l’8 e il 10% di Cloruro di Sodio; la durata del processo, legata allo stato di maturazione della varietà, richiede tempi di fermentazione e stoccaggio non inferiori ai 10 mesi.
Caratteristiche della Salamoia: i caratteri della salamoia di conservazione devono essere contenuti nei limiti previsti dalla norma CODEX ALIMENTARIUS STAN 66-1981.
Oliva ripiena.
La denominazione “Oliva Ascolana del Piceno” ripiena viene prodotta secondo le modalità tipiche e tradizionali sotto riportate:
Caratteristiche degli ingredienti:
Carni fresche: carni di bovino maturo minimo 40%, massimo 70%, carni suine mature minimo 30%, massimo 50%, è tollerata l’aggiunta di carni di pollo e/o tacchino fino ad un massimo del 10%, tutte provenienti dalla zona della DOP.
Ingredienti aggiuntivi: uova (da 2 a 4, secondo necessità per kg di impasto); formaggio stagionato grattugiato per aroma ed amalgama, minimo 100 g/kg di impasto, olio extravergine e/o strutto quanto basta per la cottura delle carni, è consentito l’uso del burro nella cottura delle carni purché indicato in etichetta; vino bianco secco; cipolla, carota, costa di sedano, noce moscata, sale, quanto basta per l’insaporimento delle carni in cottura.
Ingredienti facoltativi: è ammesso l’utilizzo di piccole quantità di salsa di pomodoro per l’insaporimento delle carni; chiodi di garofano, pepe; buccia di limone grattugiata ed altri aromi di minore entità.
Ingredienti per la panatura: uova, farina di grano, pangrattato, in quantità sufficienti per la formazione di una leggera copertura dell’oliva ripiena.
Il prodotto finito deve contenere almeno il 40% in peso di oliva denocciolata.
Le carni sopraccitate, tagliate in pezzi, vengono rosolate con cipolla, carota e sedano in olio extravergine di oliva e/o strutto (è consentito l’uso del burro) e portate a cottura a fuoco lento con aggiunta di vino bianco secco e sale.
A cottura ultimata la carne e gli ingredienti aggiuntivi vengono triturati.
L’impasto viene legato con uova, formaggio grattugiato e aggiunta di noce moscata.

Furono i greci e i Fenici a introdurre in Italia, quindi anche nel territorio del Piceno, la coltivazione dell’olivo.
La varietà da mensa, oggi conosciuta come Ascolana Tenera, si è caratterizzata nei secoli per opera dell’uomo.
Ai tempi degli antichi Romani essa era già conosciuta ed apprezzata veniva chiamata “Picenae” e solo in seguito venne denominata “Ascolana”.
L’epigrammista e poeta romano Marco Valerio Marziale (40 d.c-104 d.c.), in uno dei suoi famosi epigrammi satirici rimprovera l’avarizia di Mancino per l’assenza di "olive picenae": "Fummo in sessanta ad essere invitati ieri da te, Mancino, e nulla ci fu a tavola imbandito, tranne un cinghiale: non le uve...le mele cotogne...le pere...le melagrane...né venne dagli orci del Piceno la verde oliva, ma un nudo cinghiale e questo addirittura piccolino”; in un altro epigramma rimproverava un non meglio identificato cialtrone (Ponticio?) di non aver ricambiato i doni del saturnale: “....manco a pensarlo, poi, un panierino delle ulive rugose del Piceno....”; rimprovera la tirchieria di Umbro, che ricicla i regali ricevuti: “...mezzo moggio di fave ed un paniere di ulive del Piceno e un fiasco nero di sapa Laletana....”; si rammarica di non poterne regalare ad un parente “... S’io avessi tordi che si fan giallognoli misti alle belle olive del Piceno...”; in un altro epigramma consiglia le olive del Piceno come stimolanti dell’appetito, usanza che vive ancora oggi negli aperitivi.
Quindi il territorio Piceno nell’antichità era ricco di piantagioni di olivo, almeno stando a quanto riferisce un autore minore latino nel poema epico “le Puniche”, che identificava le olive che giungevano a Roma provenienti da quelle province.
Plinio (23 d.c.-79 d.c.), nel “Naturalis Historia” le cita come le più carnose, ricche d’olio e migliori di gusto fra tutte quelle coltivate in Italia, in Egitto e in Siria, chiamandole proprio “Picenae”.
Anche Lucio Giunio Moderato Columella (4 d.c.-70 d.c.) le annovera fra le dieci qualità più importanti coltivate nell’impero.
Della loro qualità scrissero anche Catone (234 a.c.-149 a.c.) nel "Liber de agri cultura", Varrone (116 a.c.-27 a.c.) e Petronio Arbitro (27 d.c.-66 d.c.) racconta di come fossero sempre presenti sulla tavola di Trimalcione, il personaggio immaginario da lui creato nel “Satyricon”.
Papa Sisto V (1521-1590) le menziona in una lettera di ringraziamento indirizzata agli Anziani di Ascoli che non le facevano mancare alla sua mensa.
In epoca più recente il perfezionamento delle pratiche agronomiche si deve ai Monaci Benedettini del Monte Oliveto, che inventarono il metodo della concia atto a smorzare il sapore amaro delle olive fresche: venivano fatte macerare in una soluzione acquosa di calce e cenere chiamata “Ranno”.
Più tardi si sostituì la cenere con la potassa e si incominciò a conservarle per mezzo del sale.
Documenti provenienti dall’archivio dei Monaci Benedettini forniscono notizie anteriori al 1500 sull’adozione di queste pratiche nella zona del Piceno.
Alcuni autori descrivono la raccolta delle olive ascolane, il trattamento delle stesse e la preparazione di quelle che, eliminatone il nocciolo, venivano chiamate "Giudee" per essere senz’anima; tali olive, nate nel XVII° secolo, possono essere considerate le attuali progenitrici delle olive ripiene, anche se allora venivano farcite con erbe.
Alcune ricerche bibliografiche fanno risalire al XIX° secolo la nascita della tradizione legata alla farcitura di carne ed alla frittura delle olive da tavola secondo metodo e ricette ancora in uso.
L’ascolano Benedetto Marini, a seguito delle sue ricerche, data la nascita della ricetta delle olive ascolane ripiene e fritte nell’anno 1800.
Al tempo, i cuochi che prestavano la loro professionalità presso le famiglie della locale nobiltà, accordandosi tra loro, inventarono il ripieno delle olive per consumare le notevoli quantità e varietà di carni che avevano a disposizione, dovute alla maggiorazione delle regalie che gravavano sui contadini verso i loro padroni.
All’epoca dell’Unità d’Italia erano già famose e apprezzate, tant’è vero che Garibaldi (1807-1882), durante un breve soggiorno ad Ascoli, ebbe modo di gustarle e apprezzarle sia farcite che in salamoia e tentò di trapiantarne alcune piante a Caprera, ma senza alcun risultato.
Ne erano ghiotti anche Gioacchino Rossini (1792-1868) e Giacomo Puccini (1858-1924).
La produzione delle olive ascolane in salamoia rimase una preparazione familiare o artigianale fino alla seconda metà dell’Ottocento. Intorno al 1875, Mariano Mazzocchi, ingegnere ascolano, avviò un’attività di tipo industriale per la produzione e commercializzazione del prodotto.
Nel novembre del 2005 sono state riconosciute come prodotto DOP.







