


Sapore dolce e profumo spiccato, in special modo la varietà Italia.

La zona di produzione dell’Uva di Puglia è caratterizzata da condizioni pedo-climatiche ideali per lo sviluppo dell’uva da tavola.
Terreni di medio impasto ricchi di potassio e di calcio, clima mite anche di inverno, caratterizzato da discreta piovosità nel periodo invernale e da scarse precipitazioni in quello primaverile-estivo, luminosità elevata, rispondono appieno alle esigenze di una coltura, come la vite, potassofila ed eliofila.
L’alta specializzazione della manodopera utilizzata nella coltivazione di questo prodotto, caratterizzata dalla capacità di effettuare accurate e attente operazioni manuali sui germogli e grappoli, quali il diradamento degli stessi, la loro liberazione da foglie e germogli, la sistemazione dei germogli al fine di consentire la giusta luminosità, consentono lo sviluppo e la maturazione dell’uva.
Tale elevata specializzazione che si è tramandata nel tempo e che sussiste intatta ai nostri giorni, permette di esaltare le caratteristiche qualitative dell’”Uva di Puglia” e consente anche una minore incidenza delle malattie crittogamiche.
I grappoli interi devono essere di peso non inferiore a 300 grammi;
gli acini devono presentare una calibratura non inferiore a 21 mm per Victoria, a 15 mm per Regina, a 22 mm per Italia, Michele Palieri e Red globe (diametro equatoriale).
Il succo degli acini deve presentare un valore non inferiore a: 14° Brix per le varietà Italia, Regina e Red globe; 13° Brix per le varietà Victoria e Michele Palieri.
Per tutte le varietà, il valore del rapporto °Brix/acidità totale deve essere non inferiore a 22.
La colrazione delle varie tipologie è giallo paglierino chiaro per le varietà Italia, Regina e Victoria, nero vellutato intenso per le varietà Michele Palieri e rosato dorè per la varietà Red Globe.

I nuovi vigneti saranno realizzati su terreni ben drenati , permeabili e indenni da focolai di agenti dei marciumi e privi di vettori di virus nocivi alla vite utilizzando esclusivamente porta-innesti certificati.
La forma di allevamento per la realizzazione di vigneti ad uva da tavola è quella a pergola a tetto orizzontale: il "tendone".
La densità di piantagione dovrà essere compresa tra un minimo di 1.100 ed un massimo di 2.100 viti/ha.
La distanza fra i filari dovrà essere compresa fra 2,2 e 3 m.
La produzione di uva non dovrà essere superiore a 30 t/ha.
Per la difesa fitoiatrica, sono consentiti interventi rispettosi dell’ambiente e con i solo fitofarmaci a base di sostanze attive registrate per la vite di uva da tavola, secondo quanto indicato dal disciplinare di produzione integrata dalle disposizioni riguardanti l’uva da tavola della Regione Puglia.
La potatura secca andrà effettuata nel periodo compreso fra quello successivo alla caduta delle foglie e quello precedente il germogliamento : da dicembre a fine febbraio dell’anno successivo.
E’ ammessa la copertura del "tendone" con reti in polietilene e/o film plastico in PVC o polietilene + EVA e la coltivazione in serra, al fine di proteggere il prodotto da grandine, vento, pioggia, e per favorire l’anticipo della maturazione o il ritardo nella raccolta dell’uva (al variare del periodo di copertura).
Il periodo di raccolta dell’uva decorre dal momento del conseguimento dei requisiti minimi qualitativi previsti dal disciplinare (per la varietà Victoria: a partire dall’inizio della seconda decade di luglio; per la varietà Michele Palieri: a partire dall’inizio della terza decade di luglio per le varietà Italia, Regina e Red globe: a partire dall’inizio della terza decade di agosto).
Il confezionamento deve essere effettuato nella zona individuata dal disciplinare di produzione onde evitare che il trasporto e le eccessive manipolazioni possano danneggiare gli acini alterandone integrità e colore.

Il sostantivo “vigna” appare ben 79 volte nei vari libri della Bibbia, a partire dalla Genesi 9-20 (“Noè, che era agricoltore, cominciò a piantare la vigna”), passando per il Cantico 8-11 (“Salomone aveva una vigna a Baal-Amon; egli affidò la vigna a dei guardiani, ognuno dei quali portava, come frutto, mille sicli d’argento”), fino ad arrivare al profeta minore Osea 10-1 (“Israele era una vigna rigogliosa, che dava frutto in abbondanza; più abbondava il suo frutto, più moltiplicava gli altari; più bello era il suo paese, più belle faceva le sue statue”), a testimonianza di quanto antica e redditizia sia la sua coltivazione e quanto venivano apprezzati i suoi frutti.
La reputazione dell’Uva di Puglia va inquadrata in un contesto storico-economico le cui prime testimonianze risalgono alla fine del 1800. Essa ha mostrato da sempre una migliore attitudine al mantenimento delle caratteristiche di aspetto e di croccantezza dei suoi acini tanto da riscuotere un grande successo nel settore delle esportazioni fin dalla fine del 1800.
Nel 1869 un pioniere, Sergio Musci, dette corso da Bisceglie (Bari) alle prime spedizioni di uva da tavola verso Milano, Torino, Bologna. Nel 1880 il Cavalier Francesco De Villagomez, sempre biscegliese, iniziò le spedizioni di uva da tavola dalla Puglia verso la Germania.
Infatti a quel tempo, nonostante la lunghezza del viaggio e la deperibilità del prodotto costituissero i principali fattori limitanti l’esportazione, l’Uva di Puglia, a differenza di altre uve, mostrò una migliore attitudine al mantenimento delle sue caratteristiche arrivando in ottimo stato nei mercati dei paesi esteri più importanti quali ad esempio quello tedesco.
Vivarelli nel 1914 facendo il punto sulla situazione pugliese, segnalava per questa regione la particolare vocazione del clima, del terreno e l’atteggiamento del viticoltore "che ha compreso la necessità di non trascurare cure speciali di coltivazione...".
Negli anni, grazie all’eccezionale vocazionalità del territorio, la produzione aumentò progressivamente e parallelamente aumentò anche la sua esportazione, come testimoniato dall’Istituto per il Commercio Estero, rappresentando quindi sui mercati internazionali un’espressione tipica del territorio di produzione.
L’I.C.E. (Istituto Commercio Estero), già dagli anni ’40 poté constatare, tramite il massiccio invio di personale in missione in Puglia nel periodo della campagna di commercializzazione, che l’entità delle spedizioni dalle aree produttive vocate alla coltivazione dell’uva raggiungeva giornalmente la quantità di centinaia di vagoni ferroviari.
Nonostante le difficoltà logistiche e i maggiori costi di trasporto rispetto alle uve provenienti da altre parti d’Italia, l’esportazione dell’Uva di Puglia raggiunse, nel 1975, il 62,4% della produzione di uva da tavola italiana destinata all’estero, il 52,7% nel 1980 e ancora il 74,1% nel 1985.
È proprio grazie al grande successo sia nelle produzioni che nelle esportazioni che l’Uva di Puglia è più volte citata in testi, studi tecnico-scientifici ed eventi, ne sono un esempio il volume pubblicato nel 1979 dell’OCDE (Organization for Economic Co-operation and Development) dal titolo "Table Grapes, appartenete alla collana Intenational Standardisation of fruit and vegetable", o il recente studio scientifico dell’Università di Bari che, prendendo campioni di “Uva di Puglia”, ha voluto mettere a punto una tecnica di analisi volta alla determinazione del profilo metabolico degli alimenti e ancora in occasione del conferimento del premio “Grappolo d’Argento Città di Rutignano”nel 2010.
Dal luglio del 2012 è prodotto IGP.







